INTRODUZIONE

"Ora mi rendo conto di aver avuto un'infanzia infelice!". È il sospiro malinconico di Angy, dieci anni, quando è entrata nella stanza nella quale la sorellina di sette aveva da poco iniziato gli incontri di catechismo con il progetto di catechesi per l'Iniziazione Cristiana in assetto gestaltico. Il bianco anonimo e l'arredamento asciutto del luogo dove finora ha frequentato il catechismo, confrontati con i colori vivaci della stanza dove aveva da poco iniziato il percorso la sorellina di sette anni, stanza arredata con tappeti colorati e cuscini, sono stati per lei un'inattesa metafora del percorso fatto fino ad allora nel gruppo parrocchiale.
L'intuizione del progetto presentato in queste pagine è stata provocata proprio dalla stanchezza con cui bambini e ragazzi affrontano nelle parrocchie il catechismo. Partono a sette anni circa con l'entusiasmo e la disponibilità tipica dei bambini, con il mondo davanti e con tutto da imparare, ma arrivano alla celebrazione della Cresima saturi, stanchi, con l'impressione che coloro che hanno incontrato e che li hanno accompagnati nell'infanzia in parrocchia non abbiano effettivamente molto da dir loro per la propria vita. Capita anche che qualche ragazzo, magari con una marcia in più degli altri, abbia maggiore sete di verità e di ricerca di significato per la propria esistenza; più degli altri corre il rischio della disillusione, del poco senso da riconoscere al percorso di educazione alla fede. Ed è immediato che non si riesca a distinguere lo strumento dal contenuto: un catechismo stanco, inefficace, trasferisce il non senso anche a ciò che vorrebbe trasmettere. Il distacco dalla fede e da Dio che caratterizza il mondo giovane ed il mondo adulto hanno un discreto ventaglio di motivazioni, ma il loro germoglio è molto probabilmente radicato nell'imprinting che le Comunità parrocchiali danno con il catechismo per l'Iniziazione Cristiana.
Ritengo che la responsabilità non sia riconducibile solo ai catechisti che, presi singolarmente, sono spesso persone splendide. Danno il più delle volte corpo ed anima, tempo e passione per il servizio che rendono alla Comunità, ma spesso tutto la loro buona volontà non è sufficiente, e sono loro i primi a provare stanchezza e pesantezza per i percorsi proposti.
Le Comunità sono ben consapevoli di questo problema, ma sono prive delle competenze pedagogiche e della lungimiranza per affrontarlo. Ci si accorge benissimo che bambini e ragazzi non si entusiasmano all'annuncio del Vangelo, eppure prevale la preoccupazione di trasmettere i contenuti rispetto all'attenzione che questi siano accolti. Si ritiene normale e fisiologico che i ragazzi abbandonino in fretta la vita della Comunità appena finita la Cresima. Anche quando questo rifiuto viene vissuto come sofferenza e riconosciuto come un fatto non ineluttabile dagli operatori, non si hanno gli strumenti per creare proposte più efficaci. Tutt'al più la responsabilità viene scaricata sulle famiglie, oppure l'abbandono è considerato una conseguenza inevitabile dovuta all'adolescenza.
L'idea che presento in questo progetto, pur ancora non completamente teorizzata ed in fase di sperimentazione, è venuta mentre frequentavo un Master in Gestalt Counseling Integrato. La formazione filosofica e tecnica ha accresciuto in modo consistente le competenze pedagogiche maturate con gli studi e con l'esperienza. In particolare ha potenziato la capacità di ascolto e l'affinamento di tutte quelle caratteristiche che in vario modo accomunano la figura del counselor a quella dell'educatore. La teoria della Gestalt ha poi fornito un contributo consistente per la creazione di un progetto che negli educatori, nei bambini e nelle famiglie ha permesso uno sguardo completamente nuovo ed affascinante sul catechismo per l'Iniziazione cristiana.
Per l'ideazione di questo progetto è stato vitale anche il lavoro fatto, sempre all'interno del Master, nel gruppo esperienziale: lo schema del percorso, la modalità di gestione, l'intensità dell'esperienza hanno contribuito a ripensare il gruppo di catechismo come un gruppo vitale, dove si mettono in gioco le vite di ciascuno intrecciandole in una rete di relazioni, in cui la fatica e la bellezza di ogni catechista e di ogni bambino e ragazzo contribuisca alla crescita del gruppo ed alla autoesplorazione di ciascuno.
La ricerca costante della verità della persona, sperimentata durante il Master, la filosofia di fondo, le tecniche utilizzate, hanno provocato la suggestione che ciò che si è imparato e sperimentato nel gruppo di formazione potesse diventare strumento per contribuire ad elaborare una proposta di educazione alla fede più efficace.
Per me è stata una scommessa grande, per due motivi:
" non ho mai lavorato con bambini così piccoli. Nell'oltre trentennale esperienza educativa mi sono cimentato all'inizio con preadolescenti ed adolescenti, ho successivamente cercato relazioni educative con i giovani, alzando progressivamente il livello e concentrandomi, negli ultimi anni soprattutto, sull'attività formativa per insegnanti e genitori. Ho sempre avuto con i bambini un ottimo rapporto a livello personale, ma ho sempre avuto timore a sperimentarmi nell'attività educativa con loro;
" sono da tanto tempo insoddisfatto delle proposte di catechesi, che sono arrivato a ritenere inutili, quando non dannose. Se i ragazzi lasciano le nostre comunità stufi, delusi o indifferenti, non di rado anche carichi di rabbia, sicuramente non abbiamo fatto loro del bene negli anni che hanno trascorso nelle nostre parrocchie. Tuttavia non ho mai speso troppe energie e competenze per intervenire in una esperienza che non mi ha mai convinto troppo, ma che si doveva portare avanti per obbligo istituzionale. Ho condiviso, per tanto tempo, l'ineluttabilità della situazione, ma come tanti ho scaricato ad altri la responsabilità di cambiare, di cercare risposte.
Dal lavoro fatto con il gruppo del Master, e sicuramente anche grazie al percorso personale che il Master prevede, è nata in embrione un'intuizione che piano piano l'estate scorsa ha cominciato a prendere corpo: è possibile che l'esperienza di fede possa trovare strumenti educativi capaci di risaltarne tutta la forza, l'energia, le potenzialità che hanno per la persona. Un cammino significativo di fede può permettere di accedere al significato profondo di sé e consentire di dare il proprio contributo per il benessere proprio e del mondo che ogni giorno calpesta o, per dirla in modo gestaltico, per l'ambiente con cui quotidianamente entra in contatto. La ricerca di Dio e l'incontro con Lui avvengono in modo primario nel profondo della propria anima, per cui la conoscenza profonda di sé, il contatto con la propria coscienza, con il proprio cuore, con la propria persona diventano un ambiente privilegiato per l'educazione alla fede.
Per evitare ambiguità, sottolineo che per 'coscienza' intendo indicare qualcosa di più profondo e complesso rispetto alla semplice consapevolezza di sé che, nella cultura moderna da Locke in poi, spesso esaurisce il significato del termine, concetto che tra l'altro la Gestalt riconosce tra le parole chiave della propria sistematizzazione. Nella cultura cristiana tale termine esprime piuttosto il cuore stesso della persona, così come precisa con efficacia il Vaticano II: "la coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria" .
L'idea di un percorso di Iniziazione cristiana in assetto gestaltico ha cominciato a prendere corpo a poco a poco, ed ancora, dopo il primo anno di sperimentazione, è in fase di scoperta delle sue potenzialità. È stata rinforzata soprattutto dall'entusiasmo delle persone contattate per il progetto, in un primo momento alcuni genitori dei bambini che avrebbero iniziato con il catechismo in autunno, poi Loredana, la catechista adulta che condivide la responsabilità del percorso e subito a seguire gli altri ragazzi a cui è stata fatta la proposta di collaborare alla nascita ed alla gestione del percorso educativo. Ed è stata costantemente alimentata dalla relazione con i bambini a cui il percorso è stato proposto e con le loro famiglie.
La visione di fondo che genera il progetto è la consapevolezza che il rapporto con Dio sia il luogo profondo del contatto di ognuno con se stesso, con la propria verità. Permettere questo incontro può significare sprigionare tutta la forza, la bellezza, l'energia positiva della persona. E anche se questo non dovesse avvenire (la fede resta comunque un dono), ciò che viene proposto può diventare una roccia consistente su cui fondare il sogno ed il progetto di sé.
In queste pagine cercherò di raccontare quello che ancora è in embrione, intrecciando costantemente il progetto con l'esperienza vissuta, l'idea in divenire con il racconto di quanto già sperimentato con il gruppo.
Nella prima parte del libro presento i fondamenti teorici che hanno guidato la progettazione di questa proposta educativa:
" Nel primo capitolo presento alcuni dei principi guida del progetto Catechistico della Chiesa Italiana per quanto riguarda l'Iniziazione Cristiana e, nel contempo, accenno alla fatica che le Comunità fanno nel comprendere e nel mettere in atto tali intuizioni, rendendo spesso questa proposta educativa poco attraente, poco convincente, poco efficace.
" Nel secondo capitolo traccio un identikit del counselor, sottolineando quelle che ritengo le analogie con la figura dell'educatore e del catechista. Forse non tutti le troveranno nuove ed originali, ma richiamare alcuni atteggiamenti indispensabili a chi si fa compagno di strada di altri può essere un'ulteriore occasione per specchiarcisi e risistemare il 'trucco'.
" Nel terzo capitolo riassumo alcune pillole del pensiero della psicoterapia della Gestalt, da cui ho raccolto le intuizioni del progetto: in particolare, di questa teoria, sottolineo la ricerca del benessere della persona nell'equilibrato rapporto con l'ambiente ed ancora il ciclo del contatto dell'esperienza, che, quando viene completato, rappresenta il processo per il raggiungimento di tale benessere.
" Il quarto capitolo presenta le idee guida che hanno generato il progetto, un contributo teorico per integrare la proposta di educazione alla fede con gli strumenti della Gestalt, sottolineando alcuni dei punti deboli dell'attuale proposta catechistica, quelli sui quali ritengo si possa intervenire grazie alle risorse che la teoria mette a disposizione.
La seconda parte contiene il racconto di quanto abbiamo costruito durante il primo anno di lavoro, integrando con l'esperienza l'approccio teorico descritto nella prima parte.
" Nel primo capitolo scatto una veloce fotografia dei bambini che quest'anno hanno aderito alla proposta ed hanno iniziato il catechismo.
" Nel secondo capitolo, quello più corposo, descrivo più dettagliatamente il progetto: dal sogno iniziale, che ha messo in moto il percorso, alla modalità con cui viene gestito incontro per incontro; la descrizione è costantemente intrecciata con il racconto del primo anno di sperimentazione ed integrata dalle novità che stanno nascendo in itinere e che si rivelano fondamentali per il perfezionamento della proposta.
" Il terzo capitolo presenta alcune tracce di una verifica parziale. Il percorso potrà essere valutato interamente solo tra qualche anno, quando i bambini che hanno appena iniziato, all'inizio della seconda classe della scuola primaria, lo avranno concluso. Tuttavia il raggiungimento dei primi obiettivi parziali può essere verificato grazie ad una più elaborata risposta dei catechisti che sono stati coinvolti ed all'osservazione delle reazioni dei bambini e delle loro famiglie a questi primi mesi di sperimentazione.
Nella terza parte alcuni strumenti di lavoro: la scheda di presentazione del progetto consegnata ai genitori all'inizio dell'anno, le schede che abbiamo preparato per la gestione degli incontri di catechismo durante l'anno e la scheda di valutazione dei catechisti alla fine del primo anno di lavoro.